Il discorso del Sindaco Gori in occasione del Giorno del Ricordo 2021

Buongiorno a tutti.

Saluto le autorità, le rappresentanze civili militari e religiose, i cittadini presenti e gli amici dell’Associazione Venezia Giulia e Dalmazia, medaglia d’oro della Città di Bergamo, che da oltre 70 anni è dedita alla diffusione della memoria dei drammatici fatti avvenuti tra il 1943 e il 1947 nelle terre di confine tra l’Italia e la Jugoslavia, nonché all’integrazione nella nostra comunità degli esuli giuliani, istriani e dalmati.

A loro, eredi dei profughi che vennero condotti nella nostra città, e che qui trovarono ospitalità e lavoro, va il mio saluto affettuoso a nome di tutti i cittadini di Bergamo e il ringraziamento per quanto si sono prodigati, per decenni, al fine di far mantenere vivo il ricordo della storia delle loro famiglie.

Oggi ricordiamo le terribili sofferenze che gli italiani d’Istria, Dalmazia e Venezia Giulia furono costretti a subire quando queste terre, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, conobbero la triste sorte di passare, senza interruzioni, dalla dittatura del nazifascismo a quella del comunismo. 

Quest’ultima scatenò, in quelle regioni di confine, una persecuzione contro gli italiani, una violenta slavizzazione mascherata da rappresaglia per le angherie fasciste, ma che si risolse in vera e propria pulizia etnica, che colpì in modo feroce e generalizzato una popolazione inerme e incolpevole.

La persecuzione culminò nella tragedia delle Foibe, dove perirono migliaia di innocenti, e portò poi all’esodo di 350 mila italiani, che continuò fino alla fine degli anni Cinquanta.

Su quella drammatica vicenda, come sappiamo, ha pesato per lungo tempo un silenzio inaccettabile. Per decenni l’ideologia e le convenienze della Guerra Fredda hanno negato il dovuto rilievo a quella che fu sotto ogni aspetto una sciagura nazionale, coperta da una cortina di silenzio che ha reso ancora più penosa la condizione dei profughi.

E proprio a loro, agli esuli e ai loro discendenti che non si sono arresi a questa forma di negazionismo storico, si deve il fatto che il triste capitolo delle Foibe e dell’esodo, con fatica, sia uscito dal cono d’ombra e sia entrato a far parte della storia nazionale. Conquistando, finalmente, la dignità della memoria.

Capita ancora di imbattersi in qualche sporadico tentativo di negare la verità storica – o di ammetterla con fatica, sottoposta alla condizione che debba ogni volta necessariamente richiamare l’altra drammatica ferita del Novecento, la Shoa, che abbiamo ricordato in occasione della Giornata della Memoria. Come se la vicenda delle Foibe non meritasse d’essere ricordata di per sé.

Ma oggi, come ha più volte sottolineato il presidente Mattarella, “il vero avversario da battere, più forte e più insidioso, è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi”.

Per questo è importante il Giorno del Ricordo. La tragedia delle Foibe rappresenta un monito perenne contro i regimi totalitari e le ideologie che discriminano le minoranze, opprimono i cittadini e negano i diritti essenziali della persona. E rafforzano il nostro impegno a difesa della democrazia, della pace, del dialogo tra gli Stati e dell’amicizia tra i popoli. 

Proprio questi sentimenti hanno condotto – il 13 luglio dello scorso anno – il nostro Presidente della Repubblica e il suo omologo sloveno Borut Pahor ad incontrarsi sul Carso triestino e a deporre insieme una corona di fiori alla Foiba di Basovizza e al monumento dei caduti sloveni. Le fotografie di quella giornata storica ritraggono i due Presidenti mentre si prendono per mano, come due fratelli.

Il loro impegno per la Pace e per la cooperazione – nella comune cornice dell’Europa dei popoli - è il nostro impegno, e io credo sia il modo migliore per onorare il ricordo delle vittime delle Foibe e delle persecuzioni patìte dagli italiani d’Istria, Venezia Giulia e Dalmazia.

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Sindaco