Tomba dei Partigiani

tomba dei Partigiani nel cimitero MonumentaleNel cimitero Monumentale di Bergamo, da domenica 24 aprile 2022, c’è una nuova tomba dedicata ai partigiani bergamaschi. Una tomba destinata ad accogliere le spoglie di chi ha aderito alla Resistenza, di coloro che sono già sepolti nei cimiteri della città, ma dei quali si rischia di perdere la memoria, a causa delle concessioni in scadenza.     
L'Amministrazione comunale per poter valutare le annessioni dei Partigiani ha costituto una specifica commissione che si incontra regolarmente di cui fanno parte:

  • Giacomo Angeloni – Assessore all'innovazione, semplificazione, servizi demografici, sportello polifunzionale, tempi urbani, servizi cimiteriali, partecipazione e reti sociali
  • Andrea Pellegrinelli – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia Bergamo
  • Marina Pighizzini – Associazione Partigiani Cristiani Bergamo
  • Enrica Mensi – Comitato Bergamasco Antifascista
  • Angelo Bendotti - Presidente dell’ISREC Bergamo
  • Giovanni Cappelluzzo – Dirigente tributi e servizi cimiteriali

É possibile richiedere l’annessione di un partigiano, già sepolto e con sepoltura in scadenza scrivendo all'indirizzo: ass.innovazionesemplificazione@comune.bergamo.it.

Di seguito le biografie dei partigiani qui sepolti:

Duzioni Norberto

foto di DuzioniNasce a Bergamo il 7 giugno 1910, dall’unione di Pietro e Vitalba Lucia. Il padre Pietro, nato nel 1876 a Verdellino, è soldato del 55° Battaglione M. T., muore il 12 settembre 1918 a Brescia per malattia contratta in guerra. Norberto è allievo dell’orfanotrofio maschile di Bergamo nel quartiere di Santa Lucia, “emerse fra i primissimi negli studi” e divenne ragioniere. Nel 1929 viene inaugurata la lapide agli allievi dell’orfanotrofio caduti in guerra, il discorso inaugurale è tenuto dal diciannovenne ex allievo Norberto, uno dei promotori dell’iniziativa di porre un ricordo ai caduti, tra questi è inserito anche il nome di suo padre. Sulla lapide, in seguito, vengono aggiunti i nomi dei caduti nel secondo conflitto tra il 1940 e 1945. Celibe, lavora come impiegato in un’agenzia bancaria a Petosino. Profondamente legato al mondo cattolico, è presidente dell’Azione Cattolica giovanile e un capace organizzatore dell’oratorio dell’Immacolata. Nella primavera 1940 viene richiamato alle armi. Allievo ufficiale di fanteria, Norberto combatte per quasi due anni in Africa settentrionale, prendendo parte alle azioni militari di Bengasi e Tobruk. Viene rimpatriato per un grave attacco di febbri reumatiche. L’armistizio dell’8 settembre 1943 lo sorprende a Breno in Valcamonica al distaccamento del 78° Fanteria dei Lupi di Toscana per l’addestramento di complementi. Torna a Bergamo dove, con il nome di copertura "Roberti", si attiva immediatamente per costruire una rete tra gli antifascisti che frequentano l’oratorio e i nascenti gruppi antifascisti. Nel maggio 1944 cambia in “Cerri” la sua identità. Assume insieme a Mario Invernici la direzione della Divisione Orobica GL. È protagonista insieme a Pasqualino Carrara del salvataggio del partigiano “Renato” (Fortunato Fasana) gravemente ferito nell’agosto 1944 nel rastrellamento in Val Vertova. Si dimette dall’incarico di comando per ragioni di carattere politico. Il comando provinciale viene assunto da Mario Buttaro "Bassi", che lo mantiene fino alla Liberazione. Il Capitano Duzioni precisa, in una lettera del 15 settembre, che si dimette perché “convinto della indispensabile apoliticità delle formazioni partigiane”, mentre ha l’impressione che tutto il suo lavoro venga sfruttato a vantaggio del Partito d’Azione. Sicuramente nuocciono a "Cerri" le simpatie per alcuni comandanti “cattolici”, così come un certo “attendismo” gli aliena molti consensi. “Sai come mi chiamano – riporta Belotti – i miei patrioti della montagna? Mi chiamano, scherzosamente il pompiere, perché cerco di contenere i loro ardori nei binari della disciplina, perché sono contrario alle azioni impulsive e intempestive senza frutto adeguato per la causa e dannose alle popolazioni locali”. "Cerri" muore in un terribile incidente stradale al laghetto di Algua il 30 settembre, mentre insieme a Mario Buttaro, a Giovanni Zelasco (che morirà il 18 ottobre per le ferite) e a Pasqualino Carrara, si stava recando in val Serina per una visita alle formazioni. Un cippo con annesso crocifisso ricordano il luogo dell’incidente e i nomi dei due caduti. Questo viene inaugurato il 21 ottobre 1945, il prof. Luigi Bruni tiene il discorso commemorativo, don Trussardi celebra la funzione religiosa. Il corpo viene inumato il 4 ottobre 1944 nel Campo E n°1. Il 14 settembre 1962 viene trasferito nelle Catacombe dei Portici Ponente (Campata 12 fila 4 posto 32), vicino alla madre, morta il 5 maggio 1945. La concessione è stata rinnovata il 5 settembre 1985. Il suo nome è presente sulla Stele ai caduti partigiani in Rocca (1946) e sulla lapide dei caduti dell’Oratorio dell’Immacolata. Una via del centro di Bergamo è a lui intitolata il 2 aprile 1947. Il 30 settembre 1951 gli viene dedicata una lapide all’ingresso dell’attuale Imiberg con un suo busto di bronzo, opera di Nino Nespoli. Il discorso celebrativo è tenuto dall’on. Giuseppe Belotti, don Spada celebra la messa di suffragio. La lapide viene sostituita da quella, tuttora visibile, inaugurata il 25 aprile 1955.

Riferimenti bibliografici:

  • Giuseppe Belotti, "Norberto Duzioni "Cerri"
  • Pietro Raffaelli e Alessandro Zoja, "Ai bergamaschi caduti in guerra"
  • Angelo Bendotti, "Banditen".
Pedrali Enzo

foto di PedraniLorenzo Pedrali "Morgan", nato a Ponte San Pietro il 20 agosto 1926, residente a Bergamo in via G.B. Moroni 25, studente, lavora come meccanico nell’officina del padre. Subito dopo l’8 settembre entra nei gruppi armati, prima nella squadra di Giorgio il Canadese, poi nell’86 Brigata Garibaldi comandata da Gastone. Particolarmente attivo, è sua l’azione che porta alla cattura di una spia dell’Ovra. Il 19 ottobre 1944 i militi della Brigata Nera di piazza Brembana scendono in val Taleggio attraverso il passo Baciamorti e operano una puntata su Sottochiesa, dove catturano tre partigiani: gli ex carabinieri Barnaba Rinaldi e Severino Foglio e il tenente Renzo Pedrali. I due carabinieri vennero messi al muro per essere fucilati, ma il Foglio, benchè ferito ad una mano, riuscì a salvarsi, buttandosi giù per la scarpata. Rinaldi venne fucilato, mentre "Morgan" venne trasferito a Bergamo e incarcerato. Sulla sua scheda nell’ufficio patrioti viene segnato che da quella data fino al 27 novembre Renzo si trova nelle carceri di Sant’Agata. In seguito, viene consegnato ai tedeschi, inviato a Vipiteno a lavorare per loro. Fugge (sulla scheda la data della fuga è il 30 gennaio) e si presenta a "Renato", e dopo alcuni giorni entra nella Cacciatori delle Alpi intorno al 12 febbraio. Il 2 marzo 1945, dopo giorni di vana attesa di un aviolancio alleato, la Cacciatori delle Alpi coadiuvata da un reparto della Brigata GL Camozzi organizza l’attacco di Branzi e Carona. I partigiani si dividono in cinque squadre: la prima attacca il podestà fascista di Carona, altre tre si dispongono a monte di Branzi al bivio tra Valleve e Carona per colpire le Brigate Nere di Branzi, l’ultima squadra si spinge verso Isola di Fondra per tagliare le comunicazioni onde evitare l’arrivo dei rinforzi nemici. Per un errore i partigiani rendono vano l’effetto sorpresa predisposto e successivamente si ritirano verso Carona e i laghi Gemelli, tranne il comandante Bartoli e 3 volontari tra cui Renzo Pedrali, Battista Zanga "Tino" e Mosè Piccardi "Spinasa" con l’obiettivo di coprire il rientro dell’ultima squadra di cui non si avevano notizie. Dopo qualche ora di attesa il gruppo smonta, mentre Bartoli va alla centrale per contattare gli altri ribelli, Pedrali, Zanga e Piccardi si spostano in paese per recuperare approvvigionamenti. In quel momento arrivano i rinforzi nazifascisti in alta val Brembana. La 612^ Compagnia OP di Aldo Resmini, in quella circostanza capitanata dal tenente Gino Bolis, giunge in paese. All’osteria del Gallo in un disperato tentativo di fuga viene ucciso "Morgan", anche "Tino" è catturato e, dopo poco, viene fucilato. "Spinasa" viene arrestato con uno stratagemma e portato a Bergamo, torturato, viene fucilato il 5 aprile 1945 durante un rastrellamento a Castel Rampino di Castelli Caleppio. I corpi di Pedrali e Zanga vengono sepolti nel cimitero di Carona. Il 4 giugno 1945 la salma di "Morgan" viene portata nel cimitero di Bergamo, prima nel Campo P numero 38, in seguito nel maggio 1965 viene posto nei colombari dei portici ponente (Campata 19 fila 3 posto 28) accanto al padre Carlo (1896-1957). Il suo nome è presente sulla stele del 1946 in Rocca dedicata ai caduti partigiani della città di Bergamo. "Nella azione del Branzi, dopo un’aspra battaglia, il Pedrali rimase preda della OP e fu passato per le armi sul posto che era stato testimonio del suo valore dal famigerato Bolis, il quale con questo atto sacrilego accresceva a sé l’infamia, donando al giovinetto Enzo, non ancora ventenne, la gloria immortale degli eroi".

Bibliografia:

  • "La zia nell’armadio. Cacciatori delle Alpi 2° Dio sciatori. Storia di una brigata partigiana di Giustizia e Libertà" di Mino Bartoli
  • "Banditen. Uomini e donne della Resistenza bergamasca" di Angelo Bendotti
  • "La Resistenza in valle Brembana e nelle zone limitrofe" di Tarcisio Bottani, Giuseppe Giupponi, Felice Riceputi
  • racconto "Una battaglia" in "Uomini e comandanti" di Giulio Questi.
Berera Aldo

Aldo BereraBerera Aldo, nato a Premana l’11 agosto 1924 residente a Bergamo in via San Bernardino 5, di professione impiegato, è diplomato in Ragioneria. Il padre Carlo, antifascista, ha un’attività commerciale, che porta avanti con l’aiuto della moglie Gianola Caterina. Hanno cinque figli: Giacomo, Virgilio, Mario, Armando e Aldo, che crescono nell’antifascismo e nell’odio verso la brutalità e la violenza. 
L’8 settembre 1943 si trova a Bergamo a lavorare con il padre, in attesa del richiamo alle armi per la Scuola Allievi Ufficiali degli Alpini a Bassano del Grappa. Il padre Carlo, vista la situazione creatasi dopo l’Armistizio, invia i figli Aldo e Mario al paese natale Premana, dove l’11 settembre giunge anche Armando da Roma. La Repubblica Sociale invia le cartoline per la chiamata alle armi il 23 Novembre 1943, Aldo non risponde e diventa così renitente alla leva. Il gruppo di sbandati raccoltisi a Premana passa i mesi autunnali e invernali maturando la passione per la caccia. I tedeschi compiono alcune puntate che non causano gravi danni. 
Il 15 febbraio 1944 inizia l’attività partigiana alle dirette dipendenze del genovese Piero Losi, colà sfollato con la moglie, e il tenente degli alpini Battista Todeschini, referente della zona di Premana. L’organizzazione segreta ha il compito di preparare campi per i rifornimenti aviolanciati dagli Alleati ai piani di Artavaggio e sul Muggio, nella conca di Varrone. Inoltre, l’attività consiste nel collegamento con i gruppi esistenti e la formazione di un nuovo gruppo, da armare e rifornire. Durante la primavera e, soprattutto, nell’estate, la Resistenza porta numerosi attacchi alle caserme e ai nazifascisti che presidiano la valle. 
Nell’autunno 1944 i nazifascisti si muovono con l’obiettivo di fare terra bruciata e porre fine alla Resistenza nella Valsassina. In alta Valvarrone, sopra Premana, e in val Biandino bruciano numerosi alpeggi (tra cui Casarsa, Forno e Barconcelli), fanno razzia di uomini da spedire al lavoro forzato e terrorizzano la popolazione, distruggendo i beni e requisendo bestiame e viveri. La Resistenza viene colpita duramente, a tal punto che viene deciso il trasferimento in Svizzera della 55° “Rosselli”, che compie un’avventurosa traversata in val Codera fino allo sconfinamento attraverso il passo della Teggiola il 1° Dicembre. Il gruppo che fa riferimento a Todeschini resiste al Baitel de Mongodio, ben nascosto fino alla fine del rastrellamento. 
Il 28 dicembre, Aldo e Armando con altri 12 premanesi si consegnano ai fascisti in seguito ad una promessa fatta loro. In primavera, però, vengono traditi e arrestati, portati a Bellano e in carcere a Como. Sette sono rilasciati, Todeschini viene deportato a Mauthausen (dove muore l’11 aprile 1945), Armando rimane a disposizione della Brigata Nera, Aldo e altri 4 sono inviati al Brennero a lavorare. Giunto a Brescia, Aldo si fa ricoverare all’ospedale per scabbia, ritorna a Como e dopo varie peripezie, grazie al fratello Mario, riesce a tornare a Premana. In totale rimane in prigione 47 giorni e ne trascorre 17 in ospedale. 
Nei primi giorni del Marzo 1945 si mette in collegamento con Piero Losi, mentre è impegnato nell’opera di ricostruzione della 55° Brigata Garibaldi “Fratelli Rosselli”. Aldo riveste il ruolo di Commissario di guerra del Distaccamento “Ugo Cameroni” formato da 25 uomini premanesi, con cui compie azioni contro i briganti neri, partecipa alle azioni per la Liberazione di Lecco dopo tre giorni di duri combattimenti. 
“Ho condotto questi ragazzi per ben 2 mesi, di baita in baita in mezzo ad agguati di ogni sorte. La vita, resa difficile da presidi in tutta la vallata, l’abbiamo difesa a denti stretti.” Bergamo, 12 luglio 1945, da una lettera di Aldo Berera al fratello Virgilio “Viri”. 
Si sposa con Ada Zambelli (1930-2020) a Bergamo nel 1959, dalla loro unione nasce Carlo (1961-2023). 
Aldo muore il 10 febbraio 1998 e viene sepolto in questo cimitero nel campo G1 (fila 1 posto 22), da cui viene esumato nel settembre 2020. In occasione del 25 aprile 2024 viene annesso alla tomba dei Partigiani. 

Riferimenti bibliografici:

  • Il Quarto “Libro nero Ribelli” il diario di Giovanni Battista Todeschini, a cura di Augusto Giuseppe Amanti, Gabriele Fontana, Massimo Lazzari, Wilma Milani, Gian Battista Sanelli
  • “Vit de quai sort. Un Paese una Dittatura una Guerra una Resistenza” di Antonio Bellati
  • “Valsassinesi internati nel III° Reich” di Augusto Giuseppe Amanti e Angelo Pavoni.
Berera Armando

Armando BereraBerera Armando "Ardo", nato a Premana il 2 novembre 1919, residente a Bergamo in via San Bernardino 5, di professione commerciante. Il padre Carlo, antifascista, ha un’attività commerciale, che porta avanti con l’aiuto della moglie Gianola Caterina. Hanno cinque figli: Giacomo, Virgilio, Mario, Armando e Aldo, che crescono nell’antifascismo e nell’odio verso la brutalità e la violenza
L’armistizio dell’8 settembre 1943 lo sorprende durante il servizio militare a Roma. Dalla capitale compie un viaggio avventuroso attraverso Reggio Emilia, fino ad arrivare alla residenza di famiglia in Bergamo.
L’11 settembre raggiunge i fratelli Aldo e Mario al paese natale Premana, inviati lì dal padre per proteggerli dalla confusionaria situazione che si stava prefigurando. Il gruppo di sbandati e renitenti, raccoltisi a Premana, passa i mesi autunnali e invernali tra il paese e la montagna maturando la passione per la caccia. I tedeschi compiono alcune puntate che non causano gravi danni. Armando rimane in alta Valsassina fino al febbraio 1944 quando, ottenuti documenti falsi, si sposta a Reggio Emilia a lavorare con il fratello Giacomo.
Dopo alcuni mesi, ritorna a Premana e intorno al 10 Giugno entra nel distaccamento comandato dal tenente degli alpini Battista Todeschini di Premana, facente parte della 55° Brigata Garibaldi “Fratelli Rosselli” comandata dal genovese sfollato Piero Losi, dove già milita il fratello Aldo. Con il nome di battaglia “Ardo” è nominato Capo Squadra nel Luglio 1944, nel settembre diviene Comandante di Distaccamento.
Nell’autunno 1944 i nazifascisti si muovono con l’obiettivo di fare terra bruciata e porre fine alla Resistenza nella Valsassina. In alta Valvarrone, sopra Premana, e in val Biandino bruciano numerosi alpeggi (tra cui Casarsa, Forno e Barconcelli), fanno razzia di uomini da spedire al lavoro forzato e terrorizzano la popolazione, distruggendo i beni e requisendo bestiame e viveri. La Resistenza viene colpita duramente, a tal punto che viene deciso il trasferimento in Svizzera della 55° “Rosselli” che compie un’avventurosa traversata in Val Codera fino allo sconfinamento attraverso il passo della Teggiola il 1° dicembre. Il gruppo che fa riferimento a Todeschini resiste al Baitel de Mongodio, nascosto fino alla fine del rastrellamento.
Il 28 dicembre, Aldo e Armando con altri 12 premanesi si consegnano ai fascisti in seguito ad una promessa fatta loro. In primavera vengono traditi e arrestati, portati a Bellano e in carcere a Como. Sette sono rilasciati, Todeschini viene deportato a Mauthausen (dove muore l’11 aprile 1945), Aldo e altri 4 sono inviati al Brennero a lavorare. Armando, dopo un periodo in cui viene tenuto a disposizione della Brigata Nera, viene spedito anch’egli a lavorare nell’Alto Trentino.
Nel mese di marzo 1945 Armando riesce a rientrare a Premana dove dal 22 Marzo riprende il ruolo di Comandante di Distaccamento di un gruppo (in formazione) sempre in seno alla 55° Brigata Garibaldi “Fratelli Rosselli” in via di ricostruzione. Al momento dell’occupazione la brigata occupa il territorio compreso nel triangolo Premana-Colico-Lecco. Con il suo distaccamento compie azioni contro i brigati neri, partecipa alle azioni insurrezionali, compresa la Liberazione di Lecco dopo tre giorni di duri combattimenti. Sfila a Milano il 6 maggio 1945 alla testa del 4° Battaglione della 55° Brigata Garibaldi “Fratelli Rosselli”. Dopo la sfilata torna a Lecco, dove nell’estate risulta mobilitato in reparti militari.
Si sposa con Maria Compondrini a Bergamo a cavallo tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta.
Armando muore il 18 marzo 1989 e viene sepolto nel campo M1 (fila 1 posto 302) ed esumato nell’agosto 2021. In occasione del 25 aprile 2024 viene annesso alla tomba dei Partigiani.

Riferimenti bibliografici:

  • Il Quarto “Libro nero Ribelli” Il diario di Giovanni Battista Todeschini, a cura di Augusto Giuseppe Amanti, Gabriele Fontana, Massimo Lazzari, Wilma Milani, Gian Battista Sanelli
  • “Vit de quai sort. Un Paese una Dittatura una Guerra una Resistenza” di Antonio Bellati
  • “Valsassinesi internati nel III° Reich” di Augusto Giuseppe Amanti e Angelo Pavoni.