Landscape Festival, il Sindaco Gori scrive al Corriere

Le discussioni sull’allestimento “verde” di Piazza Vecchia sono un classico bergamasco di fine estate, in concomitanza con il Landscape Festival.  Quasi sempre le scelte dei paesaggisti cui Arketipos ha via via affidato il progetto di arredo della piazza hanno diviso il pubblico tra sostenitori e detrattori, comprendendo tra questi anche coloro che hanno sistematicamente contestato l’idea di modificare, anche solo per quindici giorni, l’immagine della piazza storica. 

Negli anni in cui sono stato sindaco ho sempre seguito da vicino la manifestazione, condividendo anche le scelte artistiche più controverse (e ovviamente l’idea di mettere in gioco Piazza Vecchia). Così quest’anno. Il Festival del Paesaggio è inserito nel calendario della Capitale italiana della Cultura – e per la prima volta sbarca anche a Brescia – ed è in particolare l’evento di punta della sezione “Città Natura”. Siamo nel 2023: è possibile immaginare di trattare questo tema – il rapporto tra l’uomo e la natura – senza affrontare di petto la questione del cambiamento climatico e di come la natura può aiutarci a mitigarlo? Noi – Arketipos e l’Amministrazione di Bergamo – pensiamo di no. In passato l’allestimento della “piazza verde” rispondeva ad un’intenzione più estetica, al desiderio di portare la bellezza della natura nel contesto della “città di pietra”. Quest’anno si è deciso di affidare il progetto a Martin Rein-Cano, un paesaggista argentino di fama mondiale, fondatore dello studio Topotek 1 di Berlino, e di condividerne l’idea: quella di collocare al centro della piazza una grande installazione “green”, un’opera d’arte contemporanea che richiama lo stile brutalista, a cui affidare un forte messaggio volto al coinvolgimento dei cittadini, per dire che il cambiamento climatico si può mitigare se ognuno si mette in gioco e fa la sua parte. Può piacere o no, ma questo è il senso di un progetto che a mio avviso “comunica” più di tutti i precedenti, e che non a caso, in conferenza stampa, ho definito “politico”- nel senso più alto del termine. E’ un’installazione che sollecita i visitatori a salirne i gradini, a sostare e soprattutto a portarsi a casa una delle 14 mila piantine autoctone – le ultime sono arrivate solo ieri, e completano la copertura verde della struttura – perché ognuna di queste si trasformi in un albero. 

Piace, non piace, ogni parere è legittimo. E’ però importante che se ne capisca il significato rispetto ad un tema che tocca la vita di ognuno di noi, e su cui una risposta da parte delle istituzioni, con la collaborazione dei cittadini, è a questo punto urgente. I “Maestri del Paesaggio” ha il merito di averne parlato quando a nessuno sembrava interessare – ricordate il grande blocco di ghiaccio collocato al centro di Piazza Vecchia, che si sciolse durante le settimane del Festival ? – e di aver condotto molte persone a farsene consapevoli. Condivido questa impostazione, aldilà della libertà artistica che è stata ovviamente riconosciuta a Martin Rein-Cano. Dispiacerebbe se queste scelte, artistiche e comunicative, fossero un domani giudicate solo col criterio del “decoro”. Per i detrattori dell’opera c’è del resto una consolazione: è un’installazione temporanea, tra due settimane scomparirà così come è apparsa.

Giorgio Gori

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