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Discorso per il 25 aprile 2025 della Sindaca di Bergamo Elena Carnevali

Discorso Sindaca per l'80° anniversario della Liberazione

Discorso per il 25 aprile 2025

Descrizione

“Saluto le Autorità, i rappresentanti delle associazioni partigiane e d’arma, le concittadine e i concittadini.

Sono davvero contenta di accogliervi così numerosi in questa piazza straordinaria, per celebrare gli 80 anni dalla liberazione.

Credo di interpretare il sentimento di tutti voi, credenti e non credenti, iniziando con un pensiero di affetto e riconoscenza rivolto a Papa Francesco. Restano forti i punti fermi del suo pontificato: la pace, il rispetto reciproco, la condivisione fraterna e soprattutto l’attenzione agli ultimi, “alle persone che vivono ai margini della società e che non possono essere considerate scarti”.

Il suo monito contro il rischio della terza guerra mondiale a pezzi è un allarme che dobbiamo tenere sempre vivo nelle nostre menti e azioni.

Ancor di più in questa giornata, che ci riporta al 25 aprile del ‘45, quando tutta la città rialza la testa dopo anni di dittatura e di guerra.

Una comunità intera decide di non piegarsi più alla paura, al silenzio, alla violenza: gli operai e gli impiegati nelle fabbriche, gli studenti e i professori, i commercianti, le donne e gli uomini.

Se siamo una democrazia, se abbiamo raggiunto uno sviluppo civile, se ci sentiamo una comunità di destino, lo dobbiamo soprattutto al coraggio e al sacrificio dei partigiani e di tutti coloro che si sono ribellati contro i nazifascisti.

80 anni dopo la catastrofe della seconda guerra mondiale e la guerra di Liberazione, quegli ideali che hanno animato i patrioti resistenti continuano a vivere fra noi e a porci domande.

Ideali oggi più che mai necessari, nei nostri tempi tormentati.

È la Resistenza, fatta di coloro che hanno scelto di stare dalla parte della giustizia.

Da giorni le formazioni partigiane liberano le Valli bergamasche.

A Bergamo, il 26 aprile, il Comitato di Liberazione Nazionale assume il controllo della Prefettura: il primo segno concreto della rinascita istituzionale e democratica della nostra città.

Il giorno seguente i partigiani entrano in Bergamo. In alcune zone i fascisti oppongono una resistenza violenta, nel tentativo disperato di difendere l’indifendibile.

Ma la storia ha già voltato pagina.

Nella notte tra il 28 e il 29 aprile, le truppe alleate fanno il loro ingresso in città, seguite poco dopo dai reparti italiani del Gruppo di Combattimento “Legnano”.

La Liberazione è compiuta: Bergamo rinasce alla democrazia e alla pace, come l’Italia intera. La città ha ritrovato la libertà.

La terra bergamasca ha pagato un tributo altissimo in termini di vittime durante l’occupazione nazista, sofferenze che hanno penetrato in modo traumatico esistenze individuali e di famiglie, nella carne viva della comunità.

È importante essere qui insieme.

Lo è per me, come prima donna a indossare la fascia tricolore per la nostra città, così come per le generazioni diverse, unite nel ribadire il nostro impegno per la libertà e per i diritti democratici conquistati.

Dobbiamo ricordare i sacrifici di tanti per la libertà di tutti.

Perché quella libertà è stata poi consacrata nella Costituzione: l’esito di un dibattito libero tra forze politiche diverse ma unite da un solo principio: scrivere la Carta della nostra identità nazionale.

La Resistenza è il fondamento di ciò che siamo oggi.

L’origine della nostra Repubblica democratica, costruita sul lavoro, sull’uguaglianza, sulla solidarietà e sul ripudio della guerra.

È stata la pace la promessa realizzata in questi 80 anni, un bene preziosissimo da amare, coltivare, difendere, con quel patriottismo costituzionale che ci è stato affidato dai padri e dalle madri della democrazia.

Fu proprio quell’unità di popolo e di sentimenti a rappresentare, in quei giorni, la risposta più alta dell’Italia a sé stessa e al mondo.

Una prova di riscatto, dopo il crollo delle istituzioni seguito all’armistizio, per daredignità alla nostra democrazia nascente e per liberarsi dalla vergogna del fascismo, rinnovando nella coscienza collettiva il senso di una Patria fondata su valori condivisi.

La Resistenza, ci ricorda il Presidente Mattarella, è stata un fenomeno di popolo e corale.

Un circolo virtuoso di un’alleanza politica e popolare dentro la cornice valoriale di una rivolta morale al totalitarismo del regime fascista.

Vi hanno partecipato cattolici, socialisti, comunisti, azionisti, laici e liberali, monarchici.

Una risposta che veniva da lontano, dal primo antifascismo che da noi aveva trovato un terreno fertile, per poi diventare un’azione collettiva.

Altro che indifferenza e “zona grigia” fra chi stava dalla parte giusta e chi da quella sbagliata!!!

La forza per ritrovare la libertà è stata sorretta dalla solidarietà e dai gesti minuti della popolazione civile, dalle celebri staffette partigiane, da ragazzi e ragazze giovanissimi, dalla partecipazione attiva e solidale di tanti sacerdoti.

Voglio riprendere una frase di Ferruccio Galmozzi, il primo sindaco eletto di Bergamo, nel marzo ‘46, pronunciata nel discorso d’insediamento: “La Liberazione non fu liberamente ricevuta come dono grazioso, ma fu guadagnata ora per ora e conquistata infine con una travolgente insurrezione di popolo”.

Sottolineo questo passaggio perché il 25 aprile è la festa degli italiani, l’appuntamento e il luogo di tutti coloro che si incontrano nella Costituzione.

Come tale dovrebbe essere vissuta, senza ambiguità, da chi ha l’onore e l’onere di rappresentare il Paese.

Ancora oggi si prova a riscrivere la storia, così come il senso del Manifesto di Ventotene, come se fosse un manuale rivoluzionario anziché il fondamento dell’Europa democratica.

Proprio per restituire il giusto significato a quella visione, voglio ricordare le figure straordinarie di Ernesto e Ada Rossi.

Perché ricordarli qui a Bergamo?

Ernesto Rossi, economista, e antifascista militante, ha insegnato per cinque anni a poche centinaia di metri da questa piazza, all’Istituto Vittorio Emanuele II di Bergamo. È lì che, la mattina del 30 ottobre 1930, mentre faceva lezione, fu arrestato per la sua attività clandestina all’interno di “Giustizia e Libertà”.

Condannato dal Tribunale speciale fascista, scrisse, durante il confino sull’isola di Ventotene, insieme ad Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni, il celebre Manifesto per un’Europa libera e unita, che immaginava un’Europa federale come antidoto ai nazionalismi e ai totalitarismi.

Accanto a lui, la moglie Ada Rossi: professoressa di matematica, coraggiosa compagna di lotta e di vita, più volte arrestata e sottoposta a sorveglianza speciale. Dopo la guerra, fu tra le fondatrici del Movimento Federalista Europeo, mantenendo sempre vive le sue idee e l’impegno di entrambi.

La loro storia ci insegna che la Resistenza non è stata solo opposizione al fascismo, ma anche costruzione di un futuro europeo fondato sui diritti, sulla partecipazione democratica e sulla responsabilità civile.

L’Europa – l’Europa della pace, dei diritti, della cooperazione fra i popoli e della solidarietà – è nata da quei valori, da quella lotta, da quella visione.

Voglio anche ricordare le molte donne bergamasche diventate adulte nella Resistenza: Betty Ambiveri, Mimma Quarti, Emma Coggiola, Anna Papis, Elisa Forzenigo e Adriana Locatelli.

Figure che testimoniano come la fine della Resistenza non ha segnato la fine dell’impegno, ma l’inizio di una nuova fase: quella della partecipazione attiva alla vita democratica e delle istituzioni. È in quel passaggio che nasce la responsabilità civile.

Responsabilità che ci interpella più che mai, in un tempo in cui crescono l’astensionismo e la distanza tra persone e istituzioni.

Solo ricucendo le fratture che attraversano il nostro Paese potremo restituire forza e credibilità alla democrazia. Perché quello che oggi vediamo – quel silenzio nei seggi – è un grido d’allarme. È il segno di uno strappo profondo tra politica e cittadini.

Ma la libertà non è solo un diritto. È la scelta consapevole, autonoma, libera, di partecipare. Di contare.

E chi ha un ruolo pubblico ha il dovere di ascoltare, di ricostruire fiducia, di riaccendere la speranza.

Perché senza partecipazione, non c’è democrazia viva. E senza democrazia viva, non c’è futuro!

Non possiamo ignorare un pericolo che si fa sempre più concreto: il vento dell’autoritarismo che soffia, soffia forte, anche in Occidente.

Non è solo una questione di nomi o di leader: è un’onda lunga che attraversa molte società democratiche, e che tende a trasformare il consenso in plebiscito, la leadership in dominio, il dissenso in nemico.

È una deriva che alimenta i nazionalismi, restringe i diritti, mina la fiducia nelle istituzioni e coltiva la nostalgia per modelli autoritari.

Contro questa deriva dobbiamo rispondere con la formazione, la partecipazione, la forza dei valori costituzionali.

Rafforzare la memoria non basta: dobbiamo tradurla in azione, in responsabilità civile, in difesa quotidiana della nostra democrazia, per onorare, come disse Piero Calamandrei, il testamento lasciato da 100mila morti.

Per questo affermiamo con forza, che la Repubblica nata dalla Resistenza non può accettare – e noi non possiamo accettare – che il Mediterraneo diventi la tomba di migliaia di donne, uomini, bambine e bambini costretti a fuggire dalla fame, dalla miseria, dalla violenza e dalla guerra.

Come è possibile restare indifferenti di fronte a chi lotta per la propria libertà?  

Due anni fa, il sindaco di Bucha, città a cui ci lega un gemellaggio, ha sfilato per le strade di Bergamo, testimoniando il legame profondo tra le nostre comunità.

Oggi, quel legame si rafforza nel sostegno al diritto del popolo ucraino martoriato a vivere libero e in pace.

Non possiamo restare indifferenti davanti alla tragedia che si consuma in Medio Oriente.

Serve un cessate il fuoco immediato, la liberazione degli ostaggi, aiuti umanitari urgenti per una popolazione stremata dalla fame e dai bombardamenti che hanno raso al suolo case, ospedali, scuole con una drammatica strage di civili.

La pace non nascerà dall’odio, ma dal coraggio del riconoscimento reciproco: due popoli, due stati!

Solo il dialogo e il rispetto dei diritti umani possono spezzare le tante spirali di violenza che affliggono il mondo e costruire, finalmente, un futuro di pace.

Perché i valori della Resistenza non appartengono solo al passato, ma sono patrimonio ancora dei nostri giorni.

Il 25 Aprile non può ridursi a una semplice celebrazione.

Deve essere il segno di una Liberazione che continua, ogni giorno, nelle nostre scelte e nelle nostre azioni.

Perché rendiamo viva la Liberazione quando investiamo nella sanità, nella scuola, nella cultura, aperta e plurale.

Onoriamo la Liberazione quando ci mobilitiamo per l’ambiente, per una casa dignitosa per tutti.

Quando non ci lasciamo trascinare dalla paura del diverso e rifiutiamo ogni forma di discriminazione.

Quando la politica si fa insieme alle persone, ascoltando e costruendo futuro.

Quando la parità di genere diventa un principio concreto, nelle istituzioni e nella vita quotidiana.

Facciamo Liberazione ogni volta che ci impegniamo, con determinazione, contro la violenza maschile sulle donne, contro i femminicidi, contro una cultura che ancora oggi opprime e ferisce.

Quando sosteniamo e difendiamo il lavoro e l’uguaglianza di ogni cittadina e cittadino.

E facciamo Liberazione anche quando custodiamo la memoria, perché non vada smarrito il valore della libertà.

Facciamo Liberazione tutti i giorni, insieme.

Viva il 25 aprile. Viva la Repubblica. Viva l’Italia! “

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Discorso Sindaca 25 aprile 2025
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Ultimo aggiornamento: 26 Aprile 2025